Guido Spano - Acquerello


Incipit del racconto

La sala d’aspetto era illuminata dal sole, i raggi si infiltravano tra i listelli delle tende azzurre, lo stesso colore che dominava nell’arredamento. La giornata era tiepida, nonostante fosse inverno e si stessero avvicinando i giorni della merla. Non era raro a Cagliari, anzi, la pioggia e il freddo si facevano desiderare e alle quattro del pomeriggio non c’era bisogno di tenere le lampade accese all’interno degli edifici. Stavo su una poltroncina e ogni tanto mi alzavo per prendere una rivista dal tavolino di vetro, la sfogliavo, poi mi guardavo attorno per scrutare con discrezione gli altri pazienti. Erano tutte donne, alcune curate nell’aspetto e nell’abbigliamento, un dettaglio che contrastava con lo sguardo assente, perso nel vuoto. Attendevo nervoso.

«Il professor Silvestri è uno dei migliori della città», aveva sussurrato mia madre qualche tempo prima, «è specializzato nella cura della depressione e ha un’ottima fama» Mamma non si dava pace a vedermi così svogliato, da quasi un anno non sostenevo un esame, proprio io che ero sempre stato uno studente modello. «Ti devi prendere questa benedetta laurea, Carlo, sennò chi mi curerà quando sarò anziana?» La buttava lì, tra un sorriso e uno sguardo severo. Eppure mi metteva ansia: come se non bastasse non riuscire a concentrarmi e a memorizzare quello che leggevo, ci mancavano solo i sensi di colpa nei confronti dei miei genitori. Tutte quelle spese per pagare l’affitto dell’appartamento vicino all’Università, le rate per i libri, le tasse scolastiche. Dovevo fare qualcosa, ma cosa?

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